La mia passione per i Lego non è una novità, e Andrea se ne è sempre trovato in giro qualcuno, prima quelli miei, e poi quelli che ha ricevuto lui in regalo, già da quando aveva quattro o cinque anni: a quell’età riusciva già a unire diversi mattoncini per dare forma ad astronavi o a macchinine, ad uccelli e draghi, ma non riusciva a seguire le istruzioni delle confezioni che gli venivano regalate, e quindi chiedeva a me di costruirle e poi lui ci giocava. Io mi rilassavo costruendo il set e godendo di tutta l’ingegneria e l’inventiva che c’è dietro ogni modello di Lego, e nel frattempo lui costruiva cose con i mattoncini sciolti, che abbiamo in gran quantità; finito di costruire il set, lui iniziava a giocarci.
Man mano che lui cresceva sono riuscito a coinvolgerlo facendogli prima cercare i pezzi, poi facendogli assemblare le parti più semplici e adesso, ovviamente, non ha più bisogno di me da un pezzo per seguire le istruzioni (ma fortunatamente chiede ancora tanti consigli quando costruisce liberamente, soprattutto quando progetta i Lego sul computer).
Tutto ok, solo che… è arrivato Marco. Marco non ha la stessa passione che ha Andrea per i Lego, ma è pur sempre un bambino e quindi gli piacciono: solo che, come in tutte le altre cose, si paragona con il fratello, e non riesce facilmente ad accettare che Andrea costruisca modelli complessi seguendo le istruzioni e lui invece no. Farsi aiutare da me è una cosa che fa poco volentieri, perché preferirebbe essere autonomo, e questo finisce per inibirlo anche nelle costruzioni libere, sempre per problemi di confronto con il fratello grande.
Mi domandavo come fargli capire che era normale non riuscire a fare tutto subito, che anche Andrea alla sua età non era questo gran “mastro costruttore” che è oggi, quando ho visto che è uscita una nuova serie, chiamata Lego Juniors, pensata per i bambini dai 4 ai 7 anni: ho studiato un po’ le confezioni e mi sono convinto che poteva essere la strada giusta. I mattoncini sono i Lego standard (niente Duplo “da piccoli”!) ma i set sono semplificati con l’ausilio di alcuni “prefabbricati”, come nella stazione di polizia, in cui diverse pareti sono pezzi unici e non sono composti da molti mattoncini, come sarebbe invece in una confezione classica.
Gli abbiamo fatto regalare proprio la stazione di polizia e oggi ci abbiamo giocato: è stato fantastico. Marco è riuscito a seguire le istruzioni senza alcun problema, ha incastrato tutti i mattoncini, che seguivano uno schema abbastanza semplice, ed in un tempo ragionevole è riuscito a costrurire l’intero set “tutto da solo”: si è sentito molto soddisfatto e contento, e oltretutto anche Andrea voleva giocare con il set dopo che Marco l’aveva costruito!
Non so se Marco diventerà un appassionato come me e Andrea, ma so che in questo particolare frangente la linea Lego Juniors ha davvero colto nel segno.
Tra l’altro, guardando come Marco approcciava alla ricerca dei pezzi e al montaggio, mi sono reso conto una volta di più di quanto un gioco semplice come i Lego sia eccezionale durante la crescita di un bambino, perché si presta a sviluppare e a trasmettere talmente tanti concetti tutti insieme: l’uso delle istruzioni e dei pezzetti da radunare in ogni pagina per fare ciò che è scritto aiuta a sviluppare la capacità di seguire un piano, di organizzare il lavoro, di eseguire delle verifiche; guardare le figure per capire dove mettere i mattoncini aiuta a sviluppare un pensiero tridimensionale; contare i pallini per capire se il pezzo è quello giusto aiuta a conoscere i numeri, le somme e le moltiplicazioni; vedere come i pezzi che prima erano traballanti vengono saldati da un pezzo trasversale aiuta a comprendere le basi dell’ingegneria; vedere come un pezzo normalmente utilizzato in un modo può essere usato per tutt’altro aiuta a sviluppare un pensiero laterale; e infine, non seguire le istruzioni e lasciare libero sfogo alla fantasia per costruire ciò che si vuole aiuta ad essere creativi e a sviluppare l’immaginazione.
Praticamente è un gioco quasi perfetto!
Io coi Lego ci sono cresciuto.
Ho cominciato naturalmente con i cubetti classici che a quel tempo credo si compravano a peso, per passare alle astronavi e agli omini che oggi sono diventati iconici (ai quali effettuavo modifiche di tipo bionico, sulla scia del successo de l’uomo da sei milioni di dollari) per approdare infine alla serie Technics che trovo ancora oggi affascinante. Ho notato però che costruivo le varie macchine, scavatrici, vattelappesca una sola volta. Perché poi perdevano la magia di essere Lego e diventavano oggetti compiuti, delicati e soggetti facilmente a tragici incidenti. Perché le istruzioni ti spiegano come cominciare dall’inizio, mica come ripararli se si sfonda qualcosa nel mezzo. E così, dopo la innegabile soddisfazione di arrivare all’ultima pagina del manuale, cominciava una nuova avventura, quella di costruire cose seguendo solo la fantasia. E con tutti quegli ingranaggi era davvero stimolante: case con pareti e passaggi segreti, casseforti a combinazione, motori impossibili e così via.
Che bei ricordi, ho ancora il mio grosso sacco di pezzi di Lego eterogenei nel ripostiglio. Una delle poche cose di cui non mi sono mai voluto disfare.
E lo scorso Natale Mian mi ha regalato R2-D2, una sorpresa eccezionale. L’ho montato un sacchetto al giorno, mettendoci quasi una settimana per prolungare il piacere il più a lungo possibile. Adesso è in bella mostra in una vetrinetta, ma devo ammettere che è un gran peccato perché così perde buona parte della magia, dovrei farlo a pezzi e ricostruirlo almeno ogni 6 mesi.
Lunga vita a Lego, lunga vita alla fantasia!
Scusa per l’OT, mi sono lasciato un po’ andare. 🙂